IL PRETORE Nel procedimento penale n. 673/92 p.d. contro Borello Armando imputato del reato di cui all'art. 21, primo comma, della legge n. 319/1976; Ritenuto che il pubblico ministero ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, punto 5, della legge regione Piemonte 26 marzo 1990, n. 13; O S S E R V A Come si era anticipato, la legge regione Piemonte n. 13/1990 si occupa dello spandimento dei liquami anche nell'art. 1, punto 5, che cosi' recita: "Lo spandimento su terreno: l'operazione di smaltimento ai fini agricoli dei reflui provenienti da insediamenti civili o produttivi. Tale smaltimento inteso come fase di trattamento dei reflui rientra nell'ambito di applicazione del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915". A questa stregua, si deve contestare - come e' stato fatto all'odierno dibattimento - al Borello l'ipotesi criminosa di cui all'art. 25 del d.P.R. n. 915/1982 perche' effettuava lo smaltimento su terreno, sotto forma di trattamento, dei liquami provenienti dal proprio allevamento suinicolo. Senonche' questo p.m. reputa illegittima la disposizione regionale ora indicata e propone la relativa eccezione di incostituzionalita'. Va infatti osservato che e' del tutto errata la qualificazione, sub specie di smaltimento dei rifiuti, dello spandimento sul terreno a fini agricoli del liquami animali: in primo luogo perche' in questa ipotesi, nonostante cio' che si legge nella norma regionale impugnata, non si ha nessuna forma di trattamento dei rifiuti secondo quella che e' la nozione di esso datane dall'art. 1 del d.P.R. n. 915/1982. In secondo luogo, esclusa la ricorrenza della fase del cd. trattamento, non si ravvisa nel fatto concreto alcuna altra fase dello smaltimento dei rifiuti che richieda il rilascio dell'autorizzazione: basti vedere al riguardo che tanto l'art. 6, lett. d), quanto l'art. 25, primo comma, stabiliscono questo obbligo quando lo smaltimento riguardi i rifiuti di qualsiasi tipo prodotti da terzi; l'obbligo dell'autorizzazione e' stabilito anche per i rifiuti propri, ma di tipo speciale e solo quando si tratta dell'installazione di un impianto di innocuizzazione o di una discarica. E' agevole concludere che nessuna di queste ipotesi si attaglia alla fattispecie perche' il Borello smaltisce i propri rifiuti (e non quelli di terzi) e non ha ne' installato ne' gestito un impianto di innocuizzazione o una discarica. Alla luce di quanto osservato si puo' concludere che la regione Piemonte, dettando la disposizione di cui all'art. 1, punto 5, ha invaso la competenza statale in tema di potesta' punitiva in contrasto con gli artt. 25 e 117 della Costituzione. E' insegnamento ribadito piu' volte dalla Corte costituzionale (v. ad es. sentenza n. 309 del 14-22 giugno 1990 relativa ad altra legge della stessa regione Piemonte) quello secondo cui " .. La fonte del potere punitivo risiede solo nella legislazione statale e le regioni non hanno il potere di comminare, rimuovere o variare con proprie leggi le pene previste in una data materia; non possono cioe' interferire negativamente con il sistema penale statale considerando penalmente lecita un'attivita' che, invece, e' penalmente sanzionata nell'ordinamento nazionale". Nella specie la regione ha violato gli artt. 25 e 117 della Costituzione sia perche' ha esteso le sanzioni penali del decreto n. 915 a una fattispecie non prevista dalla legge statale sia perche', cosi' operando, ha anche modificato il regime penale della legge statale n. 319 che gia' prevedeva il medesimo fatto. La questione proposta e' rilevante perche' all'imputato si e' contestata la violazione prevista dall'art. 25 del d.P.R. n. 915. D'altra parte, non e' possibile sottrarsi all'obbligo di qualificare lo spandimento di liquami come reato previsto dalla legge sui rifiuti, in quanto anche il giudice penale e' vincolato all'applicazione della legge regionale, ancorche' illegittima. Sul punto, va citato un recente caso giudiziario. Cassazione 14 novembre 1989', Predieri aveva direttamente disapplicato alcune leggi regionali (Emilia Romagna nn. 7/83, 13/84 e 42/86) che prevedono una sanzione amministrativa pecuniaria per gli inquinamenti prodotti da imprese agricole, definite arbitrariamente insediamenti civili; la regione interessata promosse conflitto di attribuzioni ritenendo che la Cassazione non poteva disapplicare la legge, come si fosse trattato di un regolamento, ma avrebbe dovuto sollevare la questione di costituzionalita'. La Corte costituzionale con sentenza 14 giugno 1990, n. 285, ha dato ragione alla regione e ha annullato la sentenza della Cassazione. Da cio' deriva che si commetterebbe lo stesso errore se in questa sede, anche solo in via interpretativa, si facesse a meno di applicare la legge regionale n. 13/1990 pretermettendola direttamente alla legge n. 319/1976 che piu' correttamente dovrebbe sanzionare il comportamento tenuto dal prevenuto. Per questi motivi si chiede che il pretore di Asti voglia sollevare la questione di costituzionalita' dell'art. 1, punto 5, della legge regione Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, per violazione degli artt. 25 e 117 della Costituzione. Ritenuto che in effetti la questione sollevata non appare manifestamente infondata, per tutte le ragioni esposte dal p.m., che qui si richiamano integralmente, e che la questione appare rilevante in giudizio, dovendosi stabilire se nella fattispecie debba applicarsi una norma di legge regionale che fa richiamo ad una legge statale in materia di rifiuti (d.P.R. n. 915/1992 - anche ai fini sanzionatori penali - in fattispecie, quale quella in esame, che pare invece dover rientrare ad ogni effetto nell'ambito delle previsioni, anche sanzionatorie, dell'art. 21 del c.d. legge Merli (n. 319/1976), come contestato.